Un libro al mese! E gennaio è stato il mese di Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti. Un saggio del 1973, che nasce dall'osservazione diretta del bambino dalla nascita in poi e analizza il comportamento degli adulti nei suoi riguardi, i rapporti che stabiliscono con lui nelle varie età, il tipo di richieste che gli vengono fatte e il modo in cui gli si pongono, le aspettative di cui si carica il fatto che appartenga a un sesso piuttosto che a un altro, gli sforzi che fa per adeguarsi a queste richieste e aspettative, le gratificazioni e i rifiuti che riceve a seconda che vi aderisca o meno. La tradizionale differenza di inclinazione tra maschi e femmine non è dovuta a fattori innati, ma a un precoce condizionamento sociale e culturale che i bambini subiscono fin da piccolissimi e che dura per tutto il loro percorso di autoaffermazione e realizzazione come individui. L’identità sessuale è solo il risultato dell’educazione sociale con la quale si allevano in modo diverso maschi e femmine. Non è una differenza biologica, ma il logico prodotto di un preciso contesto storico, culturale e sociale, che si concretizza in piccoli gesti quotidiani che ci sono tanto abituali da passare inosservati.
Non esistono qualità maschili e qualità femminili, solo qualità umane, il resto è precoce condizionamento.
Se nostro figlio fa giochi troppo vivaci, corre, grida, litiga con gli altri, lo bloccheremo prima se è una femmina, mentre se è un maschio tarderemo a intervenire e lo faremo solo se indispensabile, perché “i maschi sono più vivaci”. Ma questa vivacità non è innato nei maschi: esiste perché gliela si concede fin da piccoli, mentre nelle bambine viene ben presto repressa.
Da una bambina ci aspettiamo grazia, ordine, cura, da un maschio vivacità, aggressività, potere, viene lasciato più libero, perché si prepari al ruolo che avrà nella società e nella famiglia. A una bambina si propone l’eterna bambola, o giochi che rispecchiano la vita familiare alla quale saranno indirizzate, tutta rivolta all’interno della casa. Al maschio si propongono giochi di movimento, treni e velieri, che stimolano la fantasia e proiettano verso l’esterno, verso l’avventura e la scoperta.
E questo affinché gli individui che cresciamo rispecchino il modello che culturalmente ci portiamo dietro, con i valori che la nostra cultura vuole conservare e trasmettere. Per allevare donne dedite alla casa e alla cura dei piccoli, al “ruolo femminile” che è loro richiesto, salvo poi rimproverarle, in erà matura, di mancanza di autonomia e di indipendenza.
Sicuramente è un saggio datato, ma ho riconosciuto certi “condizionamenti” ancora presenti nel nostro porci verso i nostri figli. Ho ben in mente la mia vicina che sgrida risentita il bambino di 5 anni perché ad una festa di compleanno si diverte a giocare con una bambola.
Penso a me e ai miei genitori: gli anni erano quelli, ma non sento di essere stata condizionata nelle mie inclinazioni (ho chiesto a mia mamma: ha letto il libro quando è stato pubblicato).
Penso a me e alle mie figlie: ho due femmine e non riesco a immaginare come alleverei un maschio, credo che mi comporterei nello stesso modo. Ripeto fino alla nausea non gridate abbassate il tono, e sono convinta (mi illudo?) che lo fare anche se avessi un maschio. Ma la conferma non ce l'ho.
Ora cerco la versione moderna di questo saggio: Ancora dalla parte delle bambine, scritto nel 2007 da Loredana Lipperini.